àˆ stato posto al 2030 il termine ultimo per un’auspicata uscita dal carbone dell’Italia, o almeno questo é l’anno che la Strategia energetica nazionale ha indicato come data plausibile per il raggiungimento dell’ambizioso obiettivo.
Secondo quanto dichiarato dal Ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda e dal Ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, davanti alle Commissioni Ambiente e Attività produttive é di vitale importanza per il benessere del nostro ecosistema che il carbone scompaia del tutto dalla penisola attraverso un processo graduale che si concluderà da qui a 13 anni.
Se, però, per quanto riguarda il Nord d’Italia sembra che non si prospettino grandi problemi, dal momento che si prevede una chiusura dolce e progressiva degli impianti, il Sud del nostro paese desta maggiori preoccupazioni per ciò che riguarda gli impianti di Brindisi e quelli della Sardegna, isola che con le sue due centrali é fortemente legata, da un punto di vista economico, all’attività di combustione di questo fossile.
D’altra parte l’abbandono del carbone sarà una grande prova per tutto la penisola, dal momento che, come afferma Calenda: «Costerà circa 3 miliardi di euro in più rispetto allo scenario base, e dovrà essere affrontato il tema delle tempistiche autorizzative per nuove centrali e nuove infrastrutture». Secondo quanto riportato dal Ministro sarà quindi preparato e lanciato nel 2018 il capacity market ritenuto «un meccanismo fondamentale» per ridurre al minimo il trauma di questo storico cambiamento.
Nonostante il tema principale della discussione, la Strategia energetica nazionale presentata per l’occasione non si é mostrata particolarmente sensibile nei confronti dell’implementazione delle energie rinnovabili, con la totale assenza di qualsivoglia annuncio di futuri incentivi al settore.
Se é vero, infatti, che l’Italia ha già raggiunto il target europeo, il cui termine massimo era fissato al 2020, secondo Edoardo Zanchini, vice presidente di Legambiente, avrebbe però molto più da offrire in questo campo: «Se non innalziamo almeno al 35% gli obiettivi, non riusciremo mai a dare il contributo a livello europeo previsto per stare dentro gli obiettivi dell’Accordo di Parigi», ha dichiarato, aggiungendo «oggi gli investimenti sono ridotti all’osso le proposte non riusciranno a smuovere gli investimenti, in particolare nel settore edilizio, nei trasporti e nelle fonti rinnovabili, anche per la vaghezza dei contenuti e il ruolo limitato previsto per l’autoproduzione e la generazione distribuita».
Nonostante, quindi, l’uscita dal carbone possa costituire senz’altro un passo in avanti nel settore della produzione energetica, sono ancora molti i punti da chiarire e le politiche da adottare affinchà© l’Italia possa davvero proiettarsi verso un futuro più verde.